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04 Energie alternative

Page history last edited by Francesco Martellotta 12 years, 3 months ago
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Fonti energetiche alternative

 

In questa sezione si analizzano le principali fonti energetiche alternative, descrivendo sinteticamente i principi di funzionamento e le tecnologie per il loro sfruttamento, senza entrare nel dettaglio dei più complessi aspetti economici e della valutazione della disponibilità delle fonti stesse in un dato sito.


 

 

Il Sole

Il Sole, la stella centrale del nostro sistema planetario, emana luce e calore da 4,55 miliardi di anni e da una distanza media di 149,6 milioni di Km. All’interno del Sole si raggiungono altissime temperature, circa 15 milioni di gradi che uniti all’enorme
pressione innescano processi di fusione nucleare. Attraverso 2 cicli di fusioni nucleari l’idrogeno si trasforma in elio. Due nuclei atomici si fondono per formare un unico nucleo. La massa del nuovo nucleo è minore della somma delle masse dei due nuclei che l’hanno generata, la massa mancante (energia liberata) si spinge verso lo strato esterno della superficie del sole (fotosfera) da cui fuoriesce con una potenza di circa 63.000 kW/m2. Dopo un viaggio di circa 150 milioni di km la radiazione solare raggiunge la Terra con una potenza di circa 1.365 kW/m2. La radiazione elettromagnetica è formata da particelle elementari di energia luminosa dette fotoni. La parte di energia solare che riesce a raggiungere la Terra in un’ora equivale al consumo energetico di un anno dell’intero pianeta.

L’energia solare non raggiunge la superficie terrestre in maniera costante. Infatti, la sua quantità varia durante il giorno, da stagione a stagione e dipende dalla nuvolosità, dall’angolo d’incidenza e dalla riflettanza delle superfici. La radiazione che un metro quadrato di una superficie orizzontale riceve è detta radiazione globale ed include la radiazione diretta e quella diffusa. La radiazione diretta è quella che giunge direttamente dal sole, mentre la radiazione diffusa è quella riflessa dal cielo, dalle nuvole e da superfici riflettenti. La radiazione diretta si ha quindi solo quando il sole è visibile. L’intensità (potenza) della radiazione globale viene misurata con uno strumento detto piranometro o solarimetro ed è riferita all’unità dell’area. L’unità di misura è espressa in W/m2 o kW/m2. L’Italia ha una ottima insolazione, ideale per l’utilizzo di tutte le tecnologie in grado di sfruttarla. Nel nostro Paese, infatti, in una bella giornata, la radiazione globale può raggiungere un’intensità di 900-1.200 W/m2. La radiazione diffusa oscilla invece tra 0 e 250-300 W/m2. La radiazione diffusa rappresenta in Italia circa il 25% della radiazione globale. Quando il cielo è densamente coperto, all’imbrunire, l’intensità della radiazione non supera i 50-100 W/m2.

 

 

 

Il solare termico

Un impianto solare termico utilizza l’energia contenuta nella radiazione solare per riscaldare l’acqua fino a 60-80 °C. L’impianto ha come componente fondamentale uno o più convertitori di energia solare, detti collettori o pannelli solari, almeno un serbatoio di accumulo e una centralina che regola il sistema elettrico.

Il sistema, associato a pannelli radianti, può garantire anche il normale riscaldamento di ambienti. Alcune particolari tipologie di impianti sono in grado di fornire acqua ad alta temperatura (120°C) per l’impiego nel settore industriale. Il collettore è un contenitore con all’interno una serie di tubi in cui fluisce l’acqua che deve essere riscaldata. Ai singoli tubi sono collegate delle piastre (in genere in rame) che assorbono il calore del sole e lo trasferiscono all’acqua. I pannelli hanno una superficie vetrata superiore che serve sia per proteggere la rete di tubi sia per aumentare l’effetto riscaldante dei raggi solari (un piccolo “effetto serra”).

La classificazione degli impianti avviene in base:
- alla temperatura del fluido scaldato: a bassa temperatura (<100°C) destinati alla produzione di acqua calda sanitaria o per riscaldamento; a media temperatura (forni solari > 250 ºC) destinati a processi industriali; ad alta temperatura (collettori parabolici) in cui il fluido viene portato allo stato di vapore per generazione di energia elettrica (v. solare termodinamico)
- alla modalità di scambio di calore: il fluido scaldato può essere un vettore (sistema chiuso), sfruttato per il trasferimento del calore, oppure l’acqua o l’aria (sistema aperto), che interessa portare ad una temperatura maggiore
- alla tipologia del collettore: vetrato piano (molto comune, di costo medio, versatile), non vetrato (solo per uso estivo, generalmente piscine o impianti balneari, molto economico), sottovuoto (ad alta efficienza, più costosi, ma ben utilizzabili tutto l’arco dell’anno); ad accumulo integrato (ben utilizzabile in zone a clima mite, abbassa i costi dell’impianto).

La tipologia di collettore influenza molto la sua efficienza, ossia la capacità di convertire la potenza radiante incidente in potenza utilizzabile per il riscaldamento. Come si vedrà meglio altrove nel corso, l'efficienza è tanto maggiore quanto minori saranno le perdite per convezione e irraggiamentole quali dipendono molto dalla differenza di temperatura fra il collettore e l'ambiente circostante. Pertanto si può dimostrare che l'efficienza viene a dipendere dalla differenza di temperatura rapportata all'irraggiamento ricevuto. Quindi al crescere della differenza di temperatura fra collettore e ambiente, ovvero al diminuire della radiazione incidente, si ha una riduzione dell'efficienza che è tanto più grande quanto meno isolato è il collettore. Come mostra il grafico sottostante i migliori risultati sono ottenibili utilizzando vetri schermanti ed eliminando l'aria in modo da limitare le dispersioni per convenzione ed irraggiamento.

L’acqua riscaldata nel collettore viene inviata nel serbatoio di accumulo (uno o più). I serbatoi hanno pareti molto spesse (10-15 cm) e ben isolate consentendo l’accumulo e la distribuzione anche dopo qualche ora. A causa dell’aleatorietà e della discontinuità della fonte solare, è necessario dotare l’impianto di un sistema di riscaldamento integrativo di tipo tradizionale (normalmente una caldaia a gas, meglio se a condensazione).
La soluzione impiantistica più utilizzata prevede l’impiego di sistemi solari a circolazione forzata dotati di termoregolazione per la circolazione del fluido. I sistemi solari termici sono estremamente affidabili (la durata di vita è superiore ai 20 anni) e le operazioni di manutenzione consistono per lo più nella pulitura del vetro del collettore e nella verifica annuale dei principali dispositivi del circuito da effettuarsi ad esempio in concomitanza con il controllo della caldaia.
Per quanto riguarda le applicazioni per la produzione di acqua calda sanitaria, i sistemi solari consentono di coprire mediamente il 60-70% del fabbisogno termico annuo dell’utenza, con punte del 100% nei mesi estivi. Il riscaldamento di ambienti garantisce invece un’efficienza del 30-40%.

Nel caso di installazione di collettori solari su superficie piana valgono infine le seguenti raccomandazioni indicative:
- Al fine di ottenere le migliori efficienze i collettori dovrebbero essere orientati a Sud con una tolleranza massima pari a ± 10°.
- Nel caso in cui il carico sia all’incirca costante durante i mesi dell’anno, l’inclinazione preferibile è quella pari alla latitudine del luogo con uno scarto di ± 5° .
- Nel caso in cui il carico sia prevalentemente estivo, l’inclinazione preferibile è quella pari alla latitudine del luogo diminuita di 10 – 15 gradi.
- Nel caso in cui il carico sia prevalentemente invernale, l’inclinazione preferibile è quella pari alla latitudine del luogo aumentata di 10 – 15 gradi.
Per impianti solari che integrino produzione di acqua calda sanitaria e riscaldamento degli ambienti, l’inclinazione può essere superiore a quella sopra indicata al fine di privilegiare la produzione invernale di energia termica per il riscaldamento degli ambienti.

 

 

Il solare termodinamico

Il solare termodinamico differeisce dai precedenti sistemi per il fatto che l'energia irradiata viene convogliata mediante specchi "concentratori" di tipo lineare o puntuale, per produrre calore ad alta temperatura con il quale alimentare cicli termodinamici di tipo tradizionale. Ciò avviene mediante fluidi vettori oppure, come nei concentratori parabolici a fuoco puntiforme, integrando un motore di tipo Stirling in corrispondenza del ricevitore.

Per assicurare continuità all'erogazione di energia elettrica questi impianti vengono sempre più spesso realizzati in abbinamento con sistemi di accumulo termico, costituiti da elementi di grande capacità termica (solitamente sali fusi), posti in recipienti altamente coibentati, in modo da continuare ad alimentare il ciclo sia durante gli sbalzi di radiazione solare sia in assenza di insolazione.

A differenza dei sistemi precedenti, gli impianti a concentrazione sfruttano solo la componenti diretta della radiazione solare, pertanto per poter essere competitivi devono essere installati in zone (come quelle desertiche) in cui la componente solare diffusa è inferiore rispetto a quella diretta.

 

Il solare fotovoltaico

La conversione della radiazione solare, in parte diretta in parte diffusa, in una corrente di elettroni avviene nella cella FV. Essa è costituita da un sottile strato, compreso tra 0,25 e 0,35 mm, di materiale semiconduttore, molto spesso silicio, mono o policristallino, che è l’elemento più diffuso in natura, dopo l’ossigeno. La fetta di silicio viene poi di norma intrinsecamente drogata, mediante l’inserimento nella struttura cristallina di atomi di boro. Una faccia dello strato viene invece, drogata per diffusione ad alta temperatura, con piccole quantità di fosforo. Nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio quando la cella è esposta
alla luce, si generano delle cariche elettriche, in misura tanto maggiore quanto più elevato è l’irraggiamento solare e, se le due facce della cella sono collegate ad un utilizzatore, si avrà in esso un flusso di elettroni sotto forma di corrente elettrica continua.

Per caratterizzare la capacità delle diverse celle di convertire la potenza radiante incidente in potenza elettrica (che è data dal prodotto della corrente fotogenerata J, misurata in Ampere, e la tensione, misurata in Volt), si utilizza il rendimento che è definito come il rapporto fra la seconda e la prima grandezza. Il rendimento dipende da diversi fattori fra cui il tipo di materiale utilizzato (il silicio monocristallino ha un rendimento del 15-17%, quello policristallino del 12-14%), la potenza radiante incidente (poichè quando questa decresce diminuisce fortemente la corrente fotogenerata), la temperatura alla quale lavora la cella (poichè al crescere della temperatura diminuisce la tensione). E' possibile verificare che, nel caso di celle in silicio monocreistallino, si ha un decremento dello 0.5% di rendimento per ogni grado di incremento di temperatura.

 

Per poter ottenere adeguati valori della corrente e della tensione le singole celle possono essere collegate in circuiti che combinano collegamenti in serie (per aumentare la tensione) e in parallelo (per aumentare la corrente). La combinazione più elementare di celle prende il nome di modulo fotovoltaico ed è tipicamente costituito da una matrice di 4x9 celle tutte collegate in serie. Più moduli, connessi in serie e/o parallelo compongono il pannello fotovoltaico e l'insieme dei pannelli compone il campo fotovoltaico. La potenza complessivamente ottenibile dipende da diversi fattori, fra cui la località, l'inclinazione data ai pannelli, l'eventuale disponibilità di inseguitori, ossia dispositivi che variano continuamente la posizione del pannello per ottimizzare l'incidenza della radiazione solare.

 

[Clicca qui per accedere al calcolatore interattivo del rendimento FV]

 

La corrente prodotta dalle celle FV è continua, pertanto per poter essere impiegata o immessa in rete è necessario prima elevarne ulteriormente la tensione e poi, mediante l'impiego di inverter, trasformarla in corrente alternata. Per fare fronte alle variazioni di insolazione, stabilizzare la tensione e, più in generale, fungere da accumulatori della potenza generata dai pannelli FV (ove non immessa in rete), è possibile utilizzare un sistema di accumulo, generalmente basato su batterie elettrochimiche. La nuova frontiera da questo punto di vista è comunque costituita dalle celle a combustibile.

Il vento

Una massa d'aria m che si muove con velocità w possiede una energia cinetica Ec = 1/2 m w2, se l'aria attraversa una sezione A ortogonale alla direzione del vento la portata massica che l'attraversa sarà pari a:

Formula

essendo ρ la densità dell'aria alla temperatura considerata.

Pertanto è possibile esprimere la potenza meccanica disponibile Formula contenuta nell'aria in movimento alla velocità w come:

Formula

E' interessante osservare quindi che la potenza ottenibile è proporzionale all'area attraversata e al cubo della velocità, per cui un raddoppio della velocità fa aumentare di otto volte la potenza contenuta nella vena fluida. La conoscenza della velocità è quindi di grande importanza, tanto più che essa è soggetta a importanti variazioni al crescere della distanza dal suolo, secondo un tipico profilo di crescita esponenziale che spiega chiaramente come mai i moderni aerogeneratori si spingano spesso oltre i 100 m di altezza dal suolo.

 

La conversione dell'energia cinetica in energia elettrica avviene per mezzo di un rotore (che può assumere diverse forme e avere asse verticale o orizzontale) che viene messo in movimento dall'aria e applica tale moto rotatorio al generatore vero e proprio per il tramite del moltiplicatore di giri. Ciascuno di questi componenti sarà caratterizzato da un proprio rendimento che andrà a ridurre la potenza effettivamente ottenibile.

 

A tale riguardo è importante definire il coefficiente di potenza Cp come il rapporto fra la potenza estratta dalla vena fluida ad opera del rotore e quella disponibile nel vento.

Formula

 

Per calcolare Cp è necessario osservare che il flusso che attraversa la sezione A1 posta prima del rotore ha una portata massica pari a ρ A1 w1; dove w1 è la velocità dell'aria libera. In corrispondenza del rotore, la sezione attraversata sarà A e la velocità w, per cui la portata sarà ρ A w. Infine, dopo il rotore la velocità w2 sarà sicuramente ridotta per effetto della parziale conversione dell'energia cinetica, e l'area A2 attraversata dalla vena fluida dovrà necessariamente aumentare per garantire la conservazione della massa. Assumendo che la densità resti sempre la stessa dovrà infatti essere:

Formula

 

La potenza estratta è ottenuta applicando la conservazione dell'energia (o il 1 PTD) in base al quale essa è pari al prodotto della portata massica per la variazione di energia cinetica fra la sezione a monte e quella a valle del rotore

 

Formula

 

Esprimendo la portata massica in funzione dei parametri in corrispondenza del rotore, tenendo conto che per la legge di Bernoulli la velocità w dovrà essere la media di w1 e w2, l'equazione precedente diventa:

Formula

 

per cui è possibile constatare che se dal punto di vista della conversione dell'energia cinetica specifica sarebbe utile avere w2 = 0, ciò causerebbe però una significativa riduzione della portata massica. Pertanto per massimizzare la potenza estraibile  w2 dovrà necessariamente rimanere maggiore di zero e pertanto ci sarà sempre differenza fra LD e LE. E' possibile dimostrare che la massima potenza estraibile dal vento si ottiene se w2 è pari a 1/3 della velocità iniziale indisturbata w1.

Pertanto la potenza estraibile dalla vena sarà:

Formula

e quindi si avrà CP,max = 16/27 = 0.593

Tale coefficiente prende il nome di limite di Betz e rappresenta la massima frazione di potenza estraibile (in condizioni ideali) da un aerogeneratore rispetto a quella disponibile.

Nella pratica esistono poi ulteriori limitazioni pratiche che rendono difficoltoso il raggiungimento del limite di Betz. In primo luogo è necessario considerare che l'aria che interagisce con il rotore viene deviata, avvitandosi per effetto di forze tangenziali che, evidentemente, sottraggono una parte dell'energia inizialmente disponibile. Inoltre si manifestano effetti legati alla velocità del vento e alla corrispondente velocità periferica impressa alle pale, la quale non può essere generalmente maggiore di 1/3 della velocità del suono senza indurre gravi effetti vibrazionali alle strutture. Pertanto al crescere della velocità del vento tendono ad aumentare gli effetti dissipativi e il Cp andrà a ridursi secondo l'andamento riportato nei diagrammi seguenti, in cui si evidenzia una velocità minima in grado di far partire le pale, una massima oltre la quale intervengono danni strutturali (per cui la turbina viene fermata), e una ottimale. Di conseguenza anche la potenza ottenibile non varia più in proporzione con il cubo della velocità ma, superato un certo valore, inizia a decrescere fino a raggiungere le condizioni di arresto.

 

 

Incrociando le informazioni sulla disponibilità annuale di vento in un certo sito (distribuzione di frequenza in funzione della velocità), con l'andamento della potenza in funzione della velocità, è possibile calcolare la produzione annua di energia, parametro molto importante per valutare la convenienza economica dell'investimento. E' agevole comprendere che si ottengono prestazioni migliori scegliendo siti nei quali la velocità del vento è per la maggior parte del tempo prossima a quella che massimizza la potenza erogata. Diversamente l'impianto risulterà improduttivo rispetto al suo potenziale.

 

 

[Clicca qui per un demo sul funzionamento di un aerogeneratore]

 

RIFERIMENTI

1. Domenico Coiante, Le nuove fonti di energia rinnovabile - Tecnologie, costi e prospettive, Franco Angeli, 2004

2.

 

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